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diario di una vacanza - ebook

Ultimo Aggiornamento: 21/03/2016 16:27
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28/01/2016 12:36
 
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in questo periodo di semi silenzio, mi piace invitarvi a visionare il mio nuovo ebook fresco, fresco di giornata. contiene testi che qualcuno di voi ricorderà perché piuttosto recenti(2014). un inizio per mettere un po' d'ordine al lavoro di tanti anni.

Diario di una vacanza




"Il bambino è la mia garanzia. E se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato" (McCarthy Cormac)
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21/02/2016 09:23
 
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Re:
fabella, 28/01/2016 12:36:

in questo periodo di semi silenzio, mi piace invitarvi a visionare il mio nuovo ebook fresco, fresco di giornata. contiene testi che qualcuno di voi ricorderà perché piuttosto recenti(2014). un inizio per mettere un po' d'ordine al lavoro di tanti anni.

Diario di una vacanza




Il mare è un grigio che morde
di verde questo porto che sa del nucleare..


sono versi bellissimi, davvero Daniela. Poi, il sottoscritto per molto tempo ha trovato nel porto, l'habitat naturale della sua ispirazione. Innumerevoli gabbiani sono volati sopra, cormorani e cefali si sono dati battaglia, sartie e campanacci e vecchie barche e polpi e tutti gli abitanti che fanno dello specchio d'acqua un pezzo d'animo. Ecco, perchè la tua l'ho sentita subito familiare. Aggiungo qui sotto una mia composizione, sperando di fare cosa gradita. Bob è Robert Capa, uno dei più grandi fotografi del secolo passato che rischiava la vita sui fronti di guerra(ed infine l'ha persa saltando su una mina)per darne testimonianza con la sua arte. ciao, alla prossima

Dove sei Bob? Io ci sono (2015)

Fai come me
io non vendo quadri o meglio lascio perdere le cornici
e alla stesura del colore preferisco il 3D in b\n
ecco
che serve una prefica se la tempesta si prende il faro?


per quanto riguarda la narrazione osserva il bagnasciuga se vuoi farne un requiem
ci sono tutti gli elementi:

affondare lo sguardo \bagnare il silenzio agli umori\ rivoltare il soggetto
ecco
che serve la cornice al porto impazzito?

Se la forza è nel campo
la massa distende i tentacoli fino agli occhi

Che serve la piatta discesa alla cascata sul molo?

Dai retta a me lascia perdere l’intarsio dei colori
se l'onda si fa tigre non serve la cornice

è il dolore a chiedere di te
tu gli mostrerai la scheggia nell'occhio
il destro di scatto, la lapide sul destro




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23/02/2016 00:57
 
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Come si fa a fare il copia-incolla da un ebook?
Le ho cercate in scrittura normale ma ho trovato solo questa:
calliope.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=...


______________________________________________________________________________
"Le parole sono 'contenitori' troppo angusti per le mie emozioni e quando, leggendo, le sento 'soffrire'
o mi segnalano delle 'sofferenze' corro a liberarle senza pensarci due volte per provarne di più adatti".
(citazione di EEFF)
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23/02/2016 01:03
 
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Ho letto a pagina 15 la poesia con il glicine dipinto:
ma sai che anch'io avevo dipinto un glicine all'angolo della mia camera?
Tenuto vari anni, poi ho imbiancato a tinta unica, ed ora me ne è venuta nostalgia... I colori sono un mio vecchio amore, e il glicine è uno dei fiori preferiti.

La scrittura sul muro è la tua? Con le m e le n ad arco (e non ad u) come le faccio anch'io?



______________________________________________________________________________
"Le parole sono 'contenitori' troppo angusti per le mie emozioni e quando, leggendo, le sento 'soffrire'
o mi segnalano delle 'sofferenze' corro a liberarle senza pensarci due volte per provarne di più adatti".
(citazione di EEFF)
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23/02/2016 08:24
 
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diario di una vacanza
(l'ho pubblicato come è stato scritto, tranne l'ultimo pezzo su Orgosolo. perché ho voluto fermare quei momenti e congelarli, senza renderli dinamici nel tempo)


16 giugno –verso Olbia ore 9.00
Il mare è un grigio che morde
di verde questo porto che ha del nucleare
con il gabbiano come sentinella
acuta, allargata alla canzone
del vecchio marinaio
la lingua è la stessa
modulata da una cresta bassa
attraversata da una scia pilota
che non perde di vista
la direzione –come quella
per la FELICITÀ
che fece piangere il mondo
il faro, l’attracco
il reperto, lo scoglio
come solitudini lasciate
alla deriva e la riga
più lontana –quella chiamata
orizzonte, pare s’increspi
sul profilo della draghe
il respiro sta oltre la cornice
di questo vetro a gocce e
chiama l’occhio, lo attira
come se ogni goccia fosse pupilla
prisma, lente sul PARADISO
che tarda

che scuote la terra
che diventa il mio mare, che
scuote il mare che
diventa la mia terra
una sciarpa allacciata di due
colori –e l’acqua riflette
ROSSO dal profondo
alla superficie –BOLLE- immagina
sangue e fiocina, dell’impero
più grande del mondo
Giglio, Pianosa, Montecristo
la terra non si distacca dal mare
resta parallela sulla linea
che ancora vede poco il sole
s’annida l’arcipelago, ma
è lontano quell’occidente
che pareggia
monte CAPANNE
con il suo nuvolare
sembra un vulcano
il monte erutta la nuvola più grande
un gabbiano totale ancor più
di Livingston, che il peso fa gravitare
basso


dove la linea pare farsi spessa
è PIANOSA, con la sua tortura
così facile che sembra tutta
da correre. ma il male sta
nei secoli e della tortura
si vede ancora il sangue
e troppa la solitudine
cosmica che spruzza l’onda
la cresta di spuma incurante
dei MONDI












18 giugno –la prima spiaggia
–il materiale per ricostruire la torretta di salvataggio
il mio mondo spirituale non è
ossessivo. solo quanto basta
nel momento in cui il mare si
fonde con la rete di un cantiere
e la sabbia diventa profumo di
legno così squadrato, con il sole
che si affaccia a nodi da una nuvola
mentre l’accompagna il suono
metallico- del gioco di un bambino
ed è il mio mondo morto
questo tratto di viola, più scuro
più opaco –ma quanta COLORITUDINE
ci vive intorno








19 giugno –b&benennidos
lo capirai l’amore, dietro la vetrata
quando mi incornici regina
con le scarpe in mano e bella
tanto da esclamare la gloria per quei giorni
offerti dal Signore
ma lo spazio comune non
ammette confessioni e allora
è nella distanza che il coraggio
osa, come la goccia d’olio. brivido
che sfida le nostre REMISSIONI
e chiama il vespero imbrunire
di colori tesi al sonno
il bruno/rame non acciaio
la mano, non il pugno, che prega
la tua è una dolcezza VALSA
all’onda più obliqua, alta
da fare paura






20 giugno -alla Suaraccia
Tocca al parlare chiaro, al
tornare agli accordi, al non
macerare gli aghi di pino
e tocca a questa metà di giugno
sostenere la doppiezza dei sentimenti
gli occhi lucidi quando la luce del bagno
detta la frequenza del tuo viso
-le farfalle
pare che l’uomo sia fatto ad
albero di Natale e trasformi
ogni cosa a sua immagine
anche giugno nell’acqua calda
delle farfalle. mischia muretti a secco
secolari come lecci, alle rocce
-compresa TAVOLARA- in uno
sfondo per desktop. poco universale
molto nautico, virale, delimitato
da file di parcheggi bianchi che
galleggiano su un paradiso di
pappagalli subacquei



-le mete
le BOE diventano le teste pelate
dei bagnanti e chiese e croci bianche
sui campanili
Tavolara è collegata alla terraferma
come l’illusione, qui dove la terra ferma
ha origine da roccia e non c’è
fucina sotterranea per custodire gli dei
solo miniere un po’ più a SUD
a seppellire

-il prosieguo che non prosegue
se fosse il giorno a separare dal tempo
la voce di un bambino che grida
una canzone al pelo dell’acqua
l’istante in cui i chilometri si smezzano
sugli asfalti di Sardegna






21 giugno –dimenticando S. Luigi Gonzaga
-ma si spezza
il rientro è il pensiero, anche piccolo
di rivedere il luogo che ti amò tre volte
e ancora adesso qui –ti ama
con separazione, ma compimento
uno stato acquisito, ben accolto, oramai
dalle ore, dall’istante presente/assente
nel luogo, nella persona dentro
parte dell’acqua che il nostro corpo
livella
-elementi separatori
nel fare ghirigori per separare gli scritti
mi accorgo di disegnare gabbiani
-Caro Aldo
La poesia è superamento, fase non critica, non ragione -filo logico, non logica. divino senza divinazione. Parola acustica seppure aspirata. Silenzio mai avaro, spazio non spazio. Resurrezione. Riabilitazione –dal luogo comune al vocabolo da SALVARE




-le campane blu
quale sia il mestiere di scrivere
il mio, la carta da non salvare
bianca seppure non congiunta
al resto del quaderno –e non per questo
ero predestinata, non per questa
parte di mondo così azzurra
dove il cielo si sgombra e tutti
i colori dei fiori sembrano onde
compreso un viale sbocciato di blu
che ho saputo –irraggiungibile
che la nostalgia resti il colore
delle dune, il loro ballo uniforme
nella superficie dove il vento
si spartisce e il faro chiama
come un sonaglio che migra da
monte a valle. al collo d’un gregge
che sfila a contorno dei cigli
soffocati dallo sterrato
Mamma Africa si vestirà a campana
nei colori dell’oro e del manto
di Madonna. e di preghiera
porterà al collo i grani battuti
un coro di ciglia, come rame
a lasciare gomitoli a forma
d’amore, che nuovo
rimane

Aldo mi ha dato la libertà di lasciare una traccia nella sua casa. Qualcosa che gli possa parlare di me, nel tempo.
Oggi il glicine
è una sagra. Il viola
è vasto nelle porzioni dei fiori
È un mordersi d’unghie
il bianco che urge
la luce che infiamma
volumi appuntiti
come lucciole


22 giugno–per Orgosolo
il monte declama
la sua poesia rocciosa
a volte gialla, a volte
Madonna -statica
tra le vesti del mirto
poco imperiosa nelle sue
umiltà, dove l’alto
dei cieli è lontano. ancora
siamo tra i vigneti
di DORGALI
il correre
del fondo stradale
strappa via i viadotti
che spalmano VERDE
tra i versanti, che sono
anfiteatri
e l’abitato s’impatta
bianco come il sale
verso la strada statale 389
-Mamojada
Orani
I viadotti, alcuni sbarrati
come carceri- fanno a porzioni
la prima BARBAGIA

-e da […]
è come se il sole mi
portasse indietro sulle mie colline
da Casteggio su per la Torre degli Alberi, ma qui
la lontananza cova
nei nidi delle aquile
dove le aquile
non sono uccelli, ma muri
bucati, barricate, grotte
e reti alla fine
di ogni sentiero
-di Orgosolo
non ho ancora scritto
occorre sedimentare
per tradurre le sensazioni







23 giugno
-cala Brandinchi
il mare sembra inverno
nel colore fumo che si apparta
tra il verde militare, per trovare
una ragnatela di sole. l’acqua
sfonda una scossa lieve
rimbalza della sua stessa polvere
questo giorno strano s’accheta
-dopo un sms
e TU ti ricordi di me, fuori dai colori
del mare e chiedi di me come
se te lo suggerisse questa pioggia
che mi gocciola le spalle, mi chiama
mi parla –con il tuo nome







24 giugno –san Giovanni Battista


-Barbara
è il tocco tra i capelli che parla
di assoluto; il non tempo
che insinua vera, la BELLEZZA
-tornando a noi
si diceva del sonno, del mare
tranquillo che torna di sera
quando il giorno abbassa
la sua saracinesca e piomba
di silenzi, volti all’addio
(come si diventa amici
all’ultimo giorno)
-tradizioni sarde
san Giovanni raccoglie la spina
e tu pungi la carne che resta
benedetta


-i figli
porti il nome come una decisione
quasi un merito esclusivo, senza
mai ringraziare chi lo scelse
-a cena a “lu Nìbaru”
chissà mai come balla Morisette
con la maglietta rosa e tutti
quei baci intorno
lascerà un segno nel sole
Morisette a forma di angelo
con la coda nei capelli
con la bocca appiccicosa
al chupa chupa








25 giugno Budoni
-ultimo giorno
è fatta di chiazze
la solitudine dell’ultimo giorno
e sosta di nuvole che chiamerei
speranza, perché il sapere star soli
è un dono di creazione
qui si trova il sale
una vita ideale senza
percorrimenti logici
tratti incostanti mistici
presi a pizzichi di schiena
vedo i soli alternarsi liquidi tra
gli annuvolamenti
sacrificarsi impavidi
alle correnti –dei venti
delle venture come avventure
di formiche insolite
a tacere –sui polpastrelli
-dopo pranzo
le formiche raccolgono
[…]



-buona notte MUSA
da una me
un po’ nostalgica
un po’ ironica
e t’amo come mia seconda terra
anzi che dico, forse quasi prima
sei NOSTALGIA ch’è lieve e poi t’afferra
si stringe al giorno senza che s’opprima
così nel mentre il tempo addosso sferra
qualche pensiero te lo dico in rima
che cresce come un fiore nella serra
racchiuso da un sonetto che l’affina
mare, splendore, vento, monti crudi
tengono la tua storia stretta e chiusa
metti la benda ai mori e non illudi
intanto tu diventi la mia MUSA
tra i muri a secco l’anima m’annudi
e stagli la tua orma dea Ichnusa





26 giugno – Golfo Aranci
-l’imbarco per la terra ferma
è il gelo nell’occhio
e i piedi stanno giusti nelle
calze, tra le stringhe allungate
di un partire -confortevole
come è diverso il porto
tutto un cantiere, tutto un’espansione
come il mondo che apre e lascia volare
lontanissimo l’anime di tutte le cose
mentre questo sfondo non ha padroni
si forma, si sforma, trasforma, scompone
e lo spicchio di cielo più grigio m’inquieta
e lo spicchio più azzurro, mi riposa
laddove il mare SALUTA







appendici
Mamma Africa
il sole mi rende minima
al tatto minima –la pelle
la mia cera pallida si perde
tra questo uscire
dalle clavicole, dal polso
da una mano
che vuole essere nera
e compie il suo volere
con gli abiti sgargianti
resi casuali, larghi
con le punte di vento
in preda ai giochi
di un cane
e non è solo mimetismo
questo comprare libri
di fiabe africane
questo entrare
nel cuore della terra
attraverso una lama
affilatissima



*
questa terra è cruda
e il suo mare inneggia
alla solitudine
l’animo predispone
al vero di sé. nessun uomo
può farmi eco dentro
rendermi pienamente
sola ad ascoltare
questa terra cruda
non ha case. è casa
come sono io di me
casa senza decorazioni
il colore delle unghie
i moti ginnici, la crema
riparatrice
la mano non corregge
lascia segno al sé
che pensa come l’olio
e affiora




ad Orgosolo (dom.22 giugno- giorno di prime comunioni)
qui ad Orgosolo si arriva attraverso la voglia di sgranare gli occhi
di puntarli in alto, a questo paese che si fa tela e parla sui muri
in tutti i segni del mondo –graffiando- tra il caffè degli artisti
e l’odore di piscio arrampicato su per tutte le scale
la via centrale è un museo dai marciapiedi sottili e panche
fuori dai bar. i ragazzi ad Orgosolo sembrano tutti uguali
con la barba ed i capelli disegnati dallo stesso taglio. e gli ubriachi
condividono coi visitatori il senso unico che diventa circuito
per un’auto rossa, che schiamazza la festa con la sua follia
invece fra i denti c’è poco spazio per un’altra lingua
qui la parola si fa stretta e la piazza è resa vuota da fare paura
ma la terra non è mai una distanza
è l’unione col pane che si sfoglia come le ostie da distribuire all’altare
poi diventa minestra, insalata, foglio sottile
che stringe la ricotta fresca come il volto dei bambini
come le premure delle madri aperte alle assoluzioni
dove ancora c’è provvidenza nel nome dei nuovi nati
nei ricami fatti a mano, nella lana tagliata dai pastori
le case hanno giardini piccoli come balconi
e le ringhiere spalancate a dire –nessun segreto tra noi
nessun giudizio negli occhi dei murales –siete voi
il segreto, voi che vi aggirate a far fotografie come ladri
ad una bellezza che ci dipinge con le radici


per tutto il resto ci sentiamo. sono ancora in fase regressiva [SM=j2829699]


abbraccione stretto a voi [SM=g7542] [SM=g7542] [SM=g7542]












"Il bambino è la mia garanzia. E se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato" (McCarthy Cormac)
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25/02/2016 08:02
 
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16 giugno –verso Olbia ore 9.00
Il mare è un grigio che morde
di verde questo porto che ha del nucleare

con il gabbiano come sentinella
acuta, allargata alla canzone
del vecchio marinaio
la lingua è la stessa
modulata da una cresta bassa
attraversata da una scia pilota
che non perde di vista
la direzione –come quella
per la FELICITÀ
che fece piangere il mondo

il faro, l’attracco
il reperto, lo scoglio

come solitudini lasciate
alla deriva
e la riga
più lontana –quella chiamata
orizzonte, pare s’increspi
sul profilo della draghe
il respiro sta oltre la cornice
di questo vetro a gocce e
chiama l’occhio, lo attira
come se ogni goccia fosse pupilla
prisma, lente sul PARADISO
che tarda

che scuote la terra
che diventa il mio mare, che
scuote il mare che
diventa la mia terra

una sciarpa allacciata di due
colori –e l’acqua riflette
ROSSO dal profondo
alla superficie –BOLLE- immagina
sangue e fiocina, dell’impero
più grande del mondo
Giglio, Pianosa, Montecristo
la terra non si distacca dal mare
resta parallela sulla linea
che ancora vede poco il sole
s’annida l’arcipelago, ma
è lontano quell’occidente
che pareggia
monte CAPANNE
con il suo nuvolare
sembra un vulcano
il monte erutta la nuvola più grande
un gabbiano totale ancor più
di Livingston, che il peso fa gravitare
basso


dove la linea pare farsi spessa
è PIANOSA, con la sua tortura
così facile che sembra tutta
da correre. ma il male sta
nei secoli e della tortura
si vede ancora il sangue
e troppa la solitudine
cosmica che spruzza l’onda
la cresta di spuma incurante

dei MONDI




Daniela, me la sarò letta per la quinta volta: che dire se non strabiliante? Le parti che ho evidenziato poi mi tramortiscono
per la bellezza del tuo sentire e per la semplicità e la potenza della scrittura. E non solo per la scrittura come modalità ma anche per quello che dà in termini di arricchimento interiore.
Avrei da dire, analiticamente, anche sui "che" spesso oggetto da parte mia di "economia" applicata e suggerita, ma che qui ci vogliono assolutamente tutti, come un battere sulla stessa nota per renderla più forte (per nulla inflazionata).
Insomma oltre che bellissima emozionalmente, è perfetta, unica cosa che eliminerei è il secondo "come" (prima di solitudini), ma solo per un gusto mio sente più forte l'identificazione diretta.

Per ora ti lascio un segno di lettura sulla prima di queste poesie da assaporare piano, e poi mi mettono una voglia d'estate che non ti dico [SM=g2843107]

Un abbraccio grande e buona giornata

P.S.
Comunque mi è piaciuta tutta tutta non solo le parti evidenziate [SM=g3227796]
[Modificato da Versolibero 25/02/2016 08:12]


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"Le parole sono 'contenitori' troppo angusti per le mie emozioni e quando, leggendo, le sento 'soffrire'
o mi segnalano delle 'sofferenze' corro a liberarle senza pensarci due volte per provarne di più adatti".
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02/03/2016 09:48
 
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ad Orgosolo (dom.22 giugno- giorno di prime comunioni)
qui ad Orgosolo si arriva attraverso la voglia di sgranare gli occhi
di puntarli in alto, a questo paese che si fa tela e parla sui muri
in tutti i segni del mondo –graffiando- tra il caffè degli artisti
e l’odore di piscio arrampicato su per tutte le scale
la via centrale è un museo dai marciapiedi sottili e panche
fuori dai bar. i ragazzi ad Orgosolo sembrano tutti uguali
con la barba ed i capelli disegnati dallo stesso taglio. e gli ubriachi
condividono coi visitatori il senso unico che diventa circuito
per un’auto rossa, che schiamazza la festa con la sua follia
invece fra i denti c’è poco spazio per un’altra lingua
qui la parola si fa stretta e la piazza è resa vuota da fare paura
ma la terra non è mai una distanza
è l’unione col pane che si sfoglia come le ostie da distribuire all’altare
poi diventa minestra, insalata, foglio sottile
che stringe la ricotta fresca come il volto dei bambini
come le premure delle madri aperte alle assoluzioni
dove ancora c’è provvidenza nel nome dei nuovi nati
nei ricami fatti a mano, nella lana tagliata dai pastori
le case hanno giardini piccoli come balconi
e le ringhiere spalancate a dire –nessun segreto tra noi
nessun giudizio negli occhi dei murales –siete voi
il segreto, voi che vi aggirate a far fotografie come ladri
ad una bellezza che ci dipinge con le radici



Ho letto questo brano conclusivo più volte rimanendone davvero affascinato. Ci sono diversi piani di lettura. Uno è quello del diario. Bellissime annotazioni su cui lavora di fino la poetessa: il paese che si fa tela e dunque sembra di entrare in un quadro su cui sono annotati tutti i graffi del mondo, i ragazzi che sembrano tutti uguali, la follia della modernità che trasforma in un circuito da corsa una strada a senso unico, la lingua che sembra avere valore di assolutezza e impenetrabilità da far paura. Ma è questo limite che apre all’improvviso la porta al piano della poesia per unire il lettore alla terra condivisa, ai motivi che ci comunicano continuità con essa, rivelandone la sua innocenza.
Ecco infine l’ultimo piano, come un interrogativo che ha già una risposta.
L’assolutezza della lingua comunica paura ma la purezza dei costumi antichi dice di un’ innocenza mai perduta che si rivela per quella che è come ogni ringhiera spalancata a rivelare il suo interno e stride fortemente con la nostra presenza, come il peccatore col paradiso terrestre.
Che peccato è far foto? Non bisogna arrivare all’ incosciente che fa un selfie tutto sorridente davanti al campo di sterminio per capirlo, perché l’autrice parla di costui come di un segreto.
Sono le ringhiere aperte a parlare (in nome delle case) di ladri che si aggirano tra le vie, ladri che si portano via ciò che non gli appartiene e che non ha nessun senso altrove, cioè l’unione tra bellezza e storia di essa.
In altri termini, se la bellezza è qui ed è legata indissolubilmente alle sue origini che senso ha cercare di carpirla da parte di estranei?
Questo per dire del senso di dissacrazione dell’innocenza (con il conseguente rifiuto di esso) che mi viene da questo brano e che mi fa potentemente partecipe di quest’ultimo. E questo mi introduce in un altro
piano di lettura che mi preme e turba ed è il tema del confronto tra bellezza naturale e la sua rappresentazione artistica.
È l’artista in definitiva da configurarsi come un ladro? Lo chiedo a me stesso prima di tutto, ovviamente.

ciao franco
[Modificato da cripaf 02/03/2016 09:49]
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21/03/2016 16:27
 
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ragazzi, torno presto! qualcosa si ricomincia a muovere sul fronte poesia. i vecchi amici mi conoscono e sanno di questi miei periodici distacchi. grazie ai nuovi amici, che hanno capito. e mi sostengono anche nell'assenza. cuori, cuori, cuori

[SM=g7542]



"Il bambino è la mia garanzia. E se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato" (McCarthy Cormac)
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