ne ho avuti prati ingenui
messi a soqquadro
andati alla malora dei passi
e la vergogna, un immenso cenno
piegato sulle labbra
se annaffiavo giardini carnivori
petunie artificiali dal gambo elegante
corolle bugiarde, l’indicibile azzurro
fiore cinico e solitario che si spogliava
Maddalena gelida, posata
padri, maestri e professori tutti
si sbagliarono sul giglio, la portata dell’iris
ne fecero fandonie, cultura beffarda di terra
arida, vento e miele a cospetto del chi
quando le madri, senza esclusione di colpi
partorivano bambini anemici
carenti di rose alle ossa, ai capelli
adesso m’imbarazza la mattina nel ventre
di stamane, di ieri e dell’altro
il profumo che aleggia improvviso
da queste parti, mi sveglia di soprassalto
è lo scuotere che Dio mi aveva detto
ed io, non mi ero mai creduto
sal@