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28/01/2018 10:42 | |
Dietro la porta c’è uno scuro, albume nero, mela nera appassita
appassisce e tossisce, lo stesso ogni sera identico cupo lupo
si avvicina perché pieghi il ginocchio,
apra il braccio e metta i denti
gli stessi identici che non ha guarito, esposto alla luce,
noci secche di mosto morto
Sedile vuoto sulla linea C
Qui dentro c’è l’inverno ripete, capisci l’inverno?
il gelo il fulmine bianco lo stiletto nelle meningi l’affanno sul vetro rotto
di Bari, ovvio
È l’avvento, l’asino che procede nella mente, il tram malfermo di motore
manca il linguaggio signore-ci pensavo persino sulla circonvallazione, il tir mi sorpassava e l’autista gesticolava, rinoceronte che affila il corno dico, come arrivarci senza un impianto nuovo nella bocca, un camion che ti rincorra, una luce che ti abbagli?-
s’apparecchi e diventi tavolo e si versi un cristo senza sapore di botte rotta
pura maledizione d’uomo e niente venature azzurre, scopiazzature, puzza di cestino,
fiume in piena, ma scuroscuroscuro come la mano che bussa questa notte e le altre
perché non vuole entrare
essere vino secco nella notte che non è notte e mettere una voce arida
nemmeno convincente, per niente esauriente
Manca la lingua per pronunciarlo e dove meravigliava s’è seccato
torrente vuoto che apparecchia il giorno e attraversa la dolina
Io, dov’è il mio io?
Busso da qualche parte, sono l’inverno
guado secco, nessuno che ci passa. Guardo le inferriate
I ciclamini, il geranio, l’erba di dio, quella di mia moglie,
il giglio perfetto dell’estate, nessun seme, frutto di sabbia che s’invola
Piange il vestito perché non è d’inverno che fa queste cose
ed è morto il cartello scuro e non vola al vento con la corolla nera.
Verrà a portarti quello sull’antenna, i disoccupati della luna,
il corteo esausto che rigava lo specchio, l’acrobata del pontile.
Non è stato all’altezza, ha esitato un attimo per vibrare,
vibrissa di pantera che diventa giorno e perde fiato, buco di cassonetto
torno a camminare, il mio vestito è una camicia secca, colletto vuoto
di grande magazzino pienopienopieno.
So di Lazzaro, tarme, ferro da stiro, mani di commessa anche bella, dolce il sorriso. |