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BUSSO DA QUALCHE PARTE, SONO L’INVERNO

Ultimo Aggiornamento: 24/02/2018 20:47
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28/01/2018 10:42
 
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Dietro la porta c’è uno scuro, albume nero, mela nera appassita
appassisce e tossisce, lo stesso ogni sera identico cupo lupo
si avvicina perché pieghi il ginocchio,
apra il braccio e metta i denti
gli stessi identici che non ha guarito, esposto alla luce,
noci secche di mosto morto
Sedile vuoto sulla linea C

Qui dentro c’è l’inverno ripete, capisci l’inverno?
il gelo il fulmine bianco lo stiletto nelle meningi l’affanno sul vetro rotto
di Bari, ovvio

È l’avvento, l’asino che procede nella mente, il tram malfermo di motore
manca il linguaggio signore-ci pensavo persino sulla circonvallazione, il tir mi sorpassava e l’autista gesticolava, rinoceronte che affila il corno dico, come arrivarci senza un impianto nuovo nella bocca, un camion che ti rincorra, una luce che ti abbagli?-

s’apparecchi e diventi tavolo e si versi un cristo senza sapore di botte rotta
pura maledizione d’uomo e niente venature azzurre, scopiazzature, puzza di cestino,
fiume in piena, ma scuroscuroscuro come la mano che bussa questa notte e le altre
perché non vuole entrare
essere vino secco nella notte che non è notte e mettere una voce arida
nemmeno convincente, per niente esauriente

Manca la lingua per pronunciarlo e dove meravigliava s’è seccato
torrente vuoto che apparecchia il giorno e attraversa la dolina

Io, dov’è il mio io?

Busso da qualche parte, sono l’inverno
guado secco, nessuno che ci passa. Guardo le inferriate
I ciclamini, il geranio, l’erba di dio, quella di mia moglie,
il giglio perfetto dell’estate, nessun seme, frutto di sabbia che s’invola

Piange il vestito perché non è d’inverno che fa queste cose
ed è morto il cartello scuro e non vola al vento con la corolla nera.
Verrà a portarti quello sull’antenna, i disoccupati della luna,
il corteo esausto che rigava lo specchio, l’acrobata del pontile.

Non è stato all’altezza, ha esitato un attimo per vibrare,
vibrissa di pantera che diventa giorno e perde fiato, buco di cassonetto

torno a camminare, il mio vestito è una camicia secca, colletto vuoto
di grande magazzino pienopienopieno.
So di Lazzaro, tarme, ferro da stiro, mani di commessa anche bella, dolce il sorriso.
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20/02/2018 10:21
 
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parole le tue che inglobano. ti senti dentro a tutte le immagini e ai loro contrari. dentro alla ricerca dell'io, che si perde e non sa più riconoscersi. dentro alla promisquità delle cose, del presente e del passato, che si fondono e si confondono, tra pennellate di quotidiano

[SM=g2834784] [SM=g2834784]



"Il bambino è la mia garanzia. E se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato" (McCarthy Cormac)
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24/02/2018 20:47
 
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Re:
fabella, 20/02/2018 10.21:


parole le tue che inglobano. ti senti dentro a tutte le immagini e ai loro contrari. dentro alla ricerca dell'io, che si perde e non sa più riconoscersi. dentro alla promisquità delle cose, del presente e del passato, che si fondono e si confondono, tra pennellate di quotidiano

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ciao Daniela, bello il tuo commento, bello ritornare su questo sito. A risentirci
franco
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