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cristinakhay

Ultimo Aggiornamento: 26/05/2007 01:35
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05/05/2007 01:42
 
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Pasta di cuore
Ci sono giorni nei quali continuerei a scrivere in continuazione, senza sosta, senza limite. Giorni nei quali le parole, ma più che le parole i concetti da esprimere premono come forsennati dall'interno cercando un canale d'espressione.
Alle volte è chiaro ciò che voglio scrivere...sono pensieri maturati durante il giorno, decantati con le pacate riflessioni che accompagnanoi gesti,lavorando o guidando l'auto, come spesso mi succede. Altre volte invece il bisogno è solo dare...non so cosa...scrivere...non so cosa...E allora mi metto alla tastiera, per nulla calma, ma nemmeno nervosa. Semplicemente sospesa...in attesa di chissà che...
Tempo fa bastava quest'attesa a farmi desistere...e ricacciavo la mia inquietudine nel pozzo delle vaghe percezioni per dirmi che perdevo tempo e basta,e che se non avevo chiaro in mente ciò che volevo scrivere tanto valeva non scrivere per niente.
Col tempo ho capito che quelli sono i momenti migliori...perchè l'anima è vuota e piena allo stesso tempo... Non è più la mente che vuol parlare...ma è qualcosa di più profondo,di più intimo, forse inconscio. Come adesso, che in realtà non dico niente ma sto dicendo molto...perchè non comunico concetti... ma semplicemente percezioni, e so che accomunano molti.
Nel terreno del sentire, per chi riesce a lasciarsi andare ad esprimerlo, senza meta, senza ragione, ci si avvicina molto più all'anima altrui.Non si passa dalla mente. Direi che si passa dalla pancia, o dal cuore, se preferite. Seguire l'impulso, anche se non c'e' meta. Anche se razionalmente non c'e' ragione. Evidentemente non è la Ragione che deve parlare,non debbo essere io a pilotare il senso...ma lascio che il senso si sviluppi in chi legge, naturalmente, senza sforzo.Come le poesie. Quando leggi una poesia diventa tua, ti appartiene.Le emozioni o le riflessioni provocate non sono più quelle che intendeva il poeta, perchè non è possibile provare ciò che prova un altro...possiamo solo tentare di immaginarle e collegarle con qualche nostra esperienza passata.
No,le emozioni sono solo le tue. E quella poesia è tua, dal momento che l'hai letta, in questa comunione/fusione che si attua attraverso il proprio sentire.Come questo scritto. Non so nè perchè, nè per chi lo scrivo. Dev'essere per tutti, credo.
Male che vada, avrò tenuto in esercizio le mie dita, il mio scrivere, il mio esistere, comunque, anche in questa dimensione irreale.Un'irrealtà che è fatta della stessa pasta delle nostre emozioni. Che non si toccano, ma che sono più presenti e vere della materia stessa.
E' pasta di Cuore. Il mio.....il vostro.

[SM=g27998] Cri [SM=g27998]

Modificato da filodiseta 05/05/2007 8.07
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17/05/2007 06:31
 
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Fernando Pessoa
Adoro Pessoa...l'ho scoperto relativamente da poco eppure ne sono rimasta subito affascinata, possiede quella incertezza del vivere, quella sensibilità che lascia intravedere dietro il velo: noi non siamo ciò che crediamo di essere, il nostro mondo non è ciò che crediamo di vedere. Il fulcro di tutto il suo pensiero è la personale percezione che espande e lo fa espandere all'infinito, specchiandosi nei mille frammenti di quel sè dove l'unica identità concessa è la consapevolezza di esistere. Ecco cosa è per me Pessoa: una porta aperta sul mistero. Il suo continuo cercarsi tra i meandri del 'sentire' lo porta inevitabilmente a scoprire un vuoto, dove non sa chi è e cos'e', un vuoto che riempie di quelle riflessioni che cercano di dare un senso logico al puzzle scomposto delle proprie incertezze.

"E' in noi che i paesaggi hanno paesaggio"

Il filtro mentale dei pensieri crea il proprio mondo, ogni cosa esiste in noi e per noi perchè viene accettata, compresa, assimilata, metabolizzata. Tutto il resto non esiste.
La realtà per Pessoa è totalmente soggettiva, e come dargli torto!
Spesso mi sono trovata anche io in queste riflessioni...quasi che la realtà fosse una sorta di 'materia virtuale' costruita sui nostri binari mentali.

"Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo'

E' lo specchio delle nostre convinzioni, aspettative, esperienze. E' lo specchio di ciò che amiamo, desideriamo, rifiutiamo, odiamo. Siamo noi, semplicemente. Lo scavare profondo nel 'sentire' porta Pessoa a sconfinare in una sorta di extrasensorialità del concetto, immergendolo in un caos dal quale ne esce vittoriosamente completo e plurimo.

Modificato da cristinakhay 17/05/2007 6.32
Modificato da cristinakhay 17/05/2007 6.33
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26/05/2007 01:35
 
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L'anima è vagante solo in sè stessa.

E' quel senso dell'andare, in eterno,
della follia come ribellione alla vita,
come scacco alla morte, all'inazione,
come fuga,
come qualcosa che sfugge e che si rincorre,
sperando che sia fuori di sè.
E' l'altare del controcanto,
per dire 'io esisto',
per esorcizzare il dolore dell'unità perduta,
per dimostrarsi di saper camminare,
forti di una identità inesistente,
straordinario assemblaggio di frammenti.
E' quell'oblio dal quale siamo schizzati fuori,
pallidi riflessi di sorgente,
ologrammi di noi stessi,
che vaghiamo senza meta
perché non vogliamo arrivare...
nella paura di ritrovarci.
Arriva un momento, improvviso,
nel quale i numeri si azzerano,
il cielo si appiattisce,
la terra dissolve.
In quel momento non c'e' più nulla da cercare, 'fuori'.

Procura di sapere già cosa troverai 'dentro'.

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