Un cielo di calce

Un cielo di calce
vetrifica il lutto randagio
del tempo
umido sui muri sulle voci
accennate dei vicoli

biancastre bave di luce
consumano
il gradino del buio
sottraggono crepe
alla pausa del giorno.

Arrota l’aria
i nostri pensieri

ac-costati.

il vicolo è stato uno spazio ac-costato tra il privato e il pubblico, dove nei cosiddetti vasci le stanze da letto si aprivano agli sguardi discreti dei passanti.

il vicolo è anche uno spazio storico di voci e suoni, un palcoscenico del quotidiano di una vita che oggi definiremmo da emarginati.

su queso scenario spazio/temporale cade la tua poetica riflessione, evocando forse quelle voci e suoni ora solo accennate dalla tua mente che li ri-chiama a vivere dalla vetrificazione, e dalla calce di quei muri ac-costati come costole di vita.

molto bella; e diretta alla cristallizzazione del passato intriso in quelle crepe che ora, col tuo ricordo, vengono alla luce.

, dopo un commento così, che dico?

Mi colpisce la lievità di un insieme composto da termini secchi, crudi,

Un cielo di calce
vetrifica il lutto randagio
del tempo
umido sui muri sulle voci
accennate dei vicoli

biancastre bave di luce
consumano
il gradino del buio
sottraggono crepe
alla pausa del giorno.

Arrota l’aria
i nostri pensieri

ac-costati.


e mi piace quell' ac-costati: vita e morte, muscoli e scheletro, movimento e staticità (boh, ci vedo questo)




Ti abbraccio

Letta e piaciutissima