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03/12/2008 11:22 | |
Voglio uscire dal mio corpo.
Ora.
Da queste labbra color mattone
che accolgono del mondo i frutti
e rendono in parole dei frutti il senso.
Sciogliermi dall’intreccio delle mani
divenute nella percezione di una carezza
sapienti palpiti sotto ruvide vesti.
Sfilarmi via la bianca scorza,
limite ondulato tra dentro e fuori,
d’impulsi cosmici conchiglia serrata.
Esalare dai seducenti odori
di smerigliate contraddizioni
e dai profumi acri del disfacimento
ché a nulla serve posar occhiali sul naso
e fiutare celestiali sentori di bontà.
Sgusciare dalle orecchie
che al di là del homo faber
di note fanno concerti di verità
consacrata all’unisono poetico.
Guizzare dallo sguardo annebbiato
nell’inganno dell’apparenza
che in pianto e in riso più non discerne
del creato purezze senza tempo.
Voglio uscire dal mio corpo.
Ora.
Che del Tutto è parte solamente.
Voglio essere specchio giovane
nell’ora del suo compimento
e farmi metafora di luce,
sentimento di sentimenti
fuori dalla macchina dei pensieri
e battito d’ali celesti oltre i ritmi
scanditi dall’operaio dell’amore.
Voglio essere Anima.
Ora.
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03/12/2008 16:19 | |
Siamo di fronte a una finzione, ci appare in tutta evidenza, resta da vedere fin dove c'è la spinta volontaria del soggetto attore, nel caso attrice, ad uscir di scena, oppure è un atto solo meditativo a tesserne le lodi del sé o dell'eros del sé.
Volutamente anche il commento si porge in assoluto, quasi apodittico, di un sentire che ne avverte il suono della parola ben spesa.
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03/12/2008 23:36 | |
Questo scritto è la mia risposta poetica alla lettura del saggio di Fausto Gianfranceschi dal titolo "Il senso del corpo - Segni, linguaggio, simboli" - Rusconi Editore - Prima edizione ottobre 1986.
"Non c'è nulla di corporeo che non sia stato creato con il preciso intento di agire sull'anima" (Alexander Lernet-Holenia) |
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