fil0diseta, 14/05/2008 09:51:
Vorrei, sempre secondo me, segnalarti che in poesie come questa, opererei un cambio, (...) quindi ti spiego cosa, ripeto secondo me (
visto che per ora mancano altri confronti... che magari sono in viaggio... bohhhh ) manca.
Ciao Francesca, ciao Daniela,
si vede che i confronti erano in un lungo viaggio, ed eccone arrivare uno. Mi piace cliccare su una pagina a caso mi sono soffermata su questa poesia.
Confermo, seppur minimamente, le perplessità di Daniela riguardo alla seconda strofa; nel mio caso però non mi disturbano le singole parole ma è come se qualcuna fosse ingombbrante alla lettura del verso; tuttavia non risolveva neppure modificando in "si disperde a raggi", non per la forzatura sintattica ma peché ne sento cacofonica la pronuncia; invece mi è piaciuta la metamorfosi operata alla strofa conclusiva;
ad ogni modo vorrei non dico suggerire, ma proporre una visione un po' diversa, che magari si discosta dalle sfumature dei significati intenzionali presenti all'origine al testo, però meditandoci su ho pensato che questo componimento potrebbe essere reso più universale eliminando non dal significato ma dalla sintassi il soggetto sottinteso "io" riferito a "annego" o a "vortico": faccio notare che, rendendo anche la terza strofa in terza persona come già le prime due, si otterrebbe oltretutto maggiore compattezza e uniformità formale. Francesca infatti aveva già reso impersonale la seconda strofa anche se usando una metafora che rappresenta la propria essenza.
Nella versione da me propostavi (il voi implica l'opinione di entrambe) ho collegato due elementi dello stesso campo semantico: "radiosa essenza" e "luce", tuttavia sono i verbi a conferire una dinamica combattuta e sofferta alla poesia:
- prima c'è un refolo di polvere che attraversa la riva in fiore, dove colori e polvere già fanno pensare a un contrasto (l'opacità della polvere e la vivacità dei fiori);
- poi, nella seconda strofa, compare l'essenza con tutta la sua luminosità, però quello zampillare di luce per me non si deve disperdere, ma confluire nelle orme, cioè nei passi mossi dai sogni (sogni che rimandano a un soggetto non specificato ma sottinteso;
- nella terza e ultima strofa c'è la lotta, e quindi un precario equilibrio, tra luce e ombra, e lo spazio, inizialmente latitudine evocata dai sogni, si restringe e ridimensiona in un cavo di conchiglia, così si sente che il respiro ha un limite, trattandosi evidentemente del proprio respiro e quindi dei limiti che ogni essere uomo o donna avverte in sé o incontra sul proprio cammino.
La conchiglia però può anche essere simbolo dell'eco di un respiro più profondo e vasto che è quello dell'universo.
Attraversa la riva in fiore
questo refolo di polvere
zampilla intorno la radiosa essenza
e del sognare mi ricolma l'orma
Soffia, s'agita e poi soffoca
nell'ombra cavernosa di conchiglia
la luce catturata dal respiro
Col beneficio del dubbio
vi saluto