te_verde
lunedì 2 novembre 2009 20:58
Adesso mi siedo e guardo;
guardo dove posso, senza indicazioni,
dove il sole permette,
senza stelle o lune di rimando
senza l’amore che leva la pelle
o favole di cappi e di masturbazioni
che forgiano antidoti per l’uno o l’altro male
mi siedo
in grembo all’unica fotografia
che mi ritrae
sola
posso tessere corde, mani, pensieri ingombranti
e schiacciare l’unica voce che mi soccorre
tra foglie marroni e chiazze variopinte
di questo autunno foriero di pazzia
e speranze
marce
prima ancora di nascere
elfo nero
martedì 3 novembre 2009 00:16
Bellissima poesia, ottima lettura
al_qantar
martedì 3 novembre 2009 23:17
Sai Sandra, io trovo la solitudine una condizione spesso gradevole, perché li sei il solo gestore dei tuoi pensieri e di quel poco che ti circonda. Però quando "favole di cappi e masturbazioni" rimangono il solo antidoto per i mali, allora li si è veramente soli senza nulla di gradevole, li c'è quella solitudine che ti fa serrare le mascelle fino al mal di testa, il labirinto da dove sembra non si può più uscire. Ed è molto triste!
Ma al di là della tristezza, quella che ho letto è una molto bella poesia carica di quel pathos che coinvolge interamente.
Un grande applauso
Sebastiano