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SERIE FOSSILE (Crocetti, 2015)
ascolta le poesie di "Serie fossile" a Radio3 Fahrenheit



© – fossile

metti una mano qui come una benda bianca, chiudimi gli occhi,
colma la soglia di benedizioni, dopo che
sei passata attraverso
l’oro verde dell’iride
come un’ape regale
e – pagliuzza
su pagliuzza,
d’oro e grano trebbiato –
hai fatto di me
il tuo favo di luce

una costellazione di api ruota sul tiglio
con saggezza inumana, un vorticare di intelligenze non si stacca
dall’albero del miele

– sarebbe riduttivo dire amore
questa necessità della natura –

mentre un vuoto anteriore rimargina
tra fiore e fiore senza lasciare traccia:

usa la bocca, sfilami dal cuore
il pungiglione d’oro,
la memoria di un lampo che ha bruciato la mia forma umana
in una qualche preistoria

dove i pazzi accarezzano le pietre come fossero teste di bambini:

avvicinati, come la prima
tra le cose perdute
e quel volto si leva dalla pietra per sorridere ancora

24.5.13





– acconsente


vista frontale della cavalla: bruna, lucida, vigile. porta
il calco triangolare di un tallone
bianco al sommo del capo: uno schizzo lunare.

la bestia è nitida come la luna:
il rilievo del muso, la struttura
dei pettorali, la conca forte
dei lombi. una forma alla piena potenza, nera
in fondo alla strada del quartiere: ispeziona
l’erba, gli stenti cespi
di malva ai piedi del muretto
che asseconda la minima radura.

ruota, scalcia, s’impenna, posa a terra
le zampe anteriori, per slanciarsi al galoppo.
ricomincia, in maniera sintetica.
io mi volto, le giro le spalle. lei potrebbe
travolgermi, piuttosto
oltrepassarmi. cambiare direzione.
oh, lei non tradirà.

la sento scalpitare: imbizzarrita, incerta. sento la polvere strappata al suolo
dagli zoccoli, le scintille dei ferri
battuti sull’asfalto e l’aspersione di un sudore bianco come incenso.
l’animale è improvviso e improvvisa
la calma

con la quale si affianca
alla mia destra. sbuffando
prende il mio passo umano: per un tratto
camminiamo in silenzio. poi
allungo la mano, per sfiorare
la piramide muscolare
della sua guancia sotto l’occhio. caldo
del manto sotto le dita: corto, morbido, in pace.

giro la mia irrisoria testa umana e guardo da vicino
il suo occhio sinistro: nero,
rotondo e folle di dolcezza.

l’intero fianco della bestia cede,
piega le zampe
anteriori per lasciarmi salire
sul nudo della groppa: corpo
a corpo, senza sella. ecco
l’incastro:
lo strumento, la cosa. ecco la cosa fatta per andare.


ROSA DELL'ANIMALE (Zona, 2014)

io non sono che il bianco della bestia
e lo splendore del suo occhio
nero,
rotondo,
mite

sono la mansuetudine dell’universo
che gira su se stessa
come l’occhio nell’orbita dell’
animale,

idolo
addormentato
che qui, sul limitare dell’abisso, lascia la prima lacrima
di gioia.

sono occorsi
millenni per quest’unica
lacrima,

alla quale s’inchina, come s’inchina
un campo
di fiori battuto da un vento
siderale, questo plurale

umano, coronato
di sole e impastato con la stessa pasta
della bestia,

questa miseria che desidera essere
accarezzata
dalla misericordia del tuo sguardo

12.1.2013

se questo corpo è tutto traforato
dallo splendore della continenza sarà aria, presto io sarò aria
e sarò il balestriere che ormeggia
il cielo, il corpo secco come un trofeo di guerra
dopo l’ultima lotta, il rubino
addensato da tutte le mie colpe sulla fronte – un diadema
di colpa. non avrò più peccato, solo
armi. né corazza
né cavalcatura: sarò
nudo e porterò il dolore superficiale
di una spada
appoggiato sull’omero – sarò quasi già un pugno di sabbia, ma piegato
sotto il suono d’oboe della rotazione dei pianeti, sensibile
al cigolio della macchinazione
planetaria, deporrò i muscoli impiegati per il volo
come appendici – o solamente sogni
di appendici umane – nel vaso del tuo corpo, che è rimasto
fedele alla fiducia che questo mondo dove pesano solamente i fatti
sia fatto a somiglianza di un’astrazione

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Continuerò a disarticolare ogni cosa, nella vita degli universi, perché il tempo sono io.
(Antonin Artaud)